Le chiese

Chiesa di San Quirico

È, forse, la chiesa più antica di Biccari. Costruita nel XII secolo a ridosso del muro di cinta del paese e attigua alla porta individuata con il suo stesso nome. È formata da un unico locale con la sagrestia posta nella parte retrostante dell’unico ambiente. Ad altare centrale, la Chiesa ha sui lati tre arcate di cui solo due per parte contengono altari formati da unica mensola in pietra. La facciata è caratterizzata dalla cosiddetta terminazione cuspidale, da un cornicione abbastanza concavo, dalla presenza di due finestre e dal portale in pietra grigia con un campanile a vela sul lato sinistro. Da qualche anno è stata riaperta al pubblico dopo un lungo periodo di chiusura dovuto a ristrutturazione.

Chiesa dell’Annunziata

La Chiesa dell’Annunziata venne costruita nel XVIII secolo e raggiunse il massimo dello splendore quando la sua gestione fu affidata al sacerdote Donato Angelo Gasparri che avevano l’abitazione a ridosso della sacrestia della stessa chiesa. I Gasparri arrivarono a Biccari, proveniente da Montefusco (Avellino) che al tempo era, dal punto di vista religioso, la sede dalla quale dipendevano le chiese di Biccari. Questa è anche la motivazione per la quale i Gasparri ebbero in gestione tutti terreni di proprietà della nostra chiesa: Santa Maria in Vulgano, Monte Aratro, San Pietro, Mezzane San Cataldo ed altro. Al tempo il Duomo doveva essere ancora costruito e i fedeli frequentavano San Quirico (quelli di Porta Pozzi), la Collegiata (Succorpo) e la Chiesa dell’Annunziata. L’altra Chiesa, successivamente abbattuta, si ergeva nell’attuale piazza Umberto I, ed era volgarmente chiamata la Chiesa dei Morticelli, dove venivano sepolti i bambini.

Chiesa di Maria Santissima Assunta (Duomo)

Da un cabreo conservato presso la Curia Vescovile di Troia, si apprende che la Chiesa Parrocchiale fu Ricettizia e nel 1609 fu edificata da Pompeo Piccirillo ed elevata a Collegiata sotto il titolo di Santa Maria Maggiore. La solenne benedizione avvenne il 5 agosto 1657, per mano di don Rocco Rampone, arciprete e vicario foraneo. Ma questa chiesa (Succorpo) incominciò a manifestare segni di cedimenti strutturali. Il risanamento fu affidato ai sigg.:  Architetto Federico De Nuntio; Direttore: Raffaele Tulino; Promotore: don Anselmo Gasbarri (poi Gasparri); L’inizio dei lavori fu previsto per il 1830 per terminare il 30 giugno 1831;

Dopo il risanamento fu deciso, nel 1872, il giorno 3 settembre a Biccari, di sopraelevare la vecchia Collegiata, utilizzando strutture e materiali nuovi. I sottoscrittori furono: Fra Tommaso Passero, Vescovo di Troia, il Dott. Luigi Goffredo, Costanzo Menichella e l’avv. Angelo Goffredo, componenti la Commissione per la ricostruzione della Chiesa Parrocchiale di Biccari. Appaltatore: Giannini di Foggia; Altare Maggiore della Costantinopoli fu donato da Quirico Tulino (1877), fratello di Raffaele Tulino, I Candelabri furono donati da Giovanni Bonelli fu Isidoro e dai suoi lavoranti. Il Pergamo o pulpito da Antonio Galdi, maestro d’intaglio.

Chiesa di San Rocco

Cappella dedicata a San Rocco, ubicata sulla Strada Provinciale 132 che da Biccari conduce alle Mezzane di San Cataldo dove si biforcava: a sinistra verso il “guado di Lucera” e diritto verso Monte Aratro – Foggia, poco al di fuori del centro urbano del paese. L’edificio si presentava, prima dei lavori che ne hanno “stravolto” l’aspetto originario, a pianta semicircolare, coperto da tetto a cono; la facciata, inquadrata da lesene (elemento di ordine architettonico) con capitelli modanati (curvi e rettilinei), era caratterizzata dalla presenza del portale d’accesso in posizione centrale, al di sopra del quale si apriva una finestra architravata, coronata da un frontone di forma triangolare. All’interno era coperta da una volta a catino.

Attualmente l’edificio è a pianta quadrangolare, ad aula unica, in muratura intonacata; il prospetto principale è definito da lesene e presenta, in posizione centrale, il portale d’ingresso ad arco a tutto sesto con finestra di forma rettangolare soprastante. A coronamento della facciata è posto un campaniletto a vela.

Chiesa di Santa Lucia

È una Chiesa che non esiste più, ma anch’essa era posizionata poco al di fuori del centro urbano, sulla strada che porta a Roseto Val Fortore. Costruita all’incrocio con la strada che porta verso il lago Pescara, agli inizi del secolo scorso (XX), fu interessata da una frana che ne causo la distruzione. L’importanza di questa Chiesa e di quella di San Rocco è, di certo, il posizionamento urbanistico: entrambe realizzate su strade che conducono fuori dal centro abitato, verso la Puglia piana quella di San Rocco, e verso i monti della Dauni quella di Santa Lucia: quasi a voler dare un saluto religioso da parte di coloro che si allontanavano dal centro abitato.

Convento Santa Maria della Pace in S.Antonio

Papa Paolo II con una bolla del 4 marzo 1469 diretta al vescovo di Troia e al vicario dei frati della Provincia di Sant’Angelo dei Frati minori Osservanti esponeva come il Signore di Bovino, Matteo Stendardo e l’Università di Biccari volevano costruire un convento. Dopo alterne vicende (eventi guerreschi e discussioni interne per la scelta del luogo, passarono altri tre anni. Alla fine, e siamo al 18 giugno 1472, si scelse la “collina amena”. Con l’arrivo dei francesi di Murat prima e dei Piemontesi dopo, infinite problematiche scoppiarono per il convento di Biccari. Si giunse a sequestrare, da parte dei Savoja, il convento per farvi soggiornare i soldati e a tenervi finanche un processo militare a carico di un presunto “brigante” con relativa condanna a morte mediante fucilazione cosa che poi avvenne nell’attuale Piazza Matteotti sul muro dell’abitazione della famiglia Checchia. Muro che fino a qualche decennio fa recava ancora una grande croce nera a ricordo di quell’infamia. I frati furono dispersi ad eccezione di due, molto avanti negli anni, che vissero di elemosina e del frutto del proprio orto. Il convento passò nelle mani del comune di Biccari. Successivamente, nel 1896, il Comune di Biccari mise in vendita il convento che fu acquistato dal provinciale dei frati, padre Casciano, al prezzo di 7.050 lire. Nel 1950 Giuseppe Lucera e il figlio Ettore costruirono il “coro” in castagno. Dal 1989 al 2016 ha accolto, a più riprese, il “Centro Vocazionale Provinciale”. Ma le vicissitudini del convento di Biccari dei Frati Minori non sono finite. Attualmente il convento è stato affidato alle Sorelle Povere di Santa Chiara, provenienti dal Monastero Santa Maria della Pace in Norcia e ha assunto la seguente denominazione: Monastero Santa Maria della Pace in S. Antonio.

Monastero di San Pietro

Esisteva già nell’anno 1054.
Monastero medievale localizzato a 1.5 Km da Biccari località San Pietro in Vulgano – è la zona con ben 20 punti archeologici, tra cui una villa di grande dimensioni ed alcune fattorie. L’odierna masseria sembra insistere sui ruderi di un precedente insediamento. Nel 1968 alcuni immagini documentano la demolizione dell ‘antico monastero. Alcune strutture murarie ed una scalinata sono visibili presso l’ovile moderno. Sono stati ritrovati nelle immediate vicinanze dei frammenti ceramici e resti di una grande struttura dotata anche di impianto termale. Sono presenti anche resti medievali.

I monumenti

Fontana Monumentale

Papa Paolo II con una bolla del 4 marzo 1469 diretta al vescovo di Troia e al vicario dei frati della Provincia di Sant’Angelo dei Frati minori Osservanti esponeva come il Signore di Bovino, Matteo Stendardo e l’Università di Biccari volevano costruire un convento. Dopo alterne vicende (eventi guerreschi e discussioni interne per la scelta del luogo, passarono altri tre anni. Alla fine, e siamo al 18 giugno 1472, si scelse la “collina amena”. Con l’arrivo dei francesi di Murat prima e dei Piemontesi dopo, infinite problematiche scoppiarono per il convento di Biccari. Si giunse a sequestrare, da parte dei Savoja, il convento per farvi soggiornare i soldati e a tenervi finanche un processo militare a carico di un presunto “brigante” con relativa condanna a morte mediante fucilazione cosa che poi avvenne nell’attuale Piazza Matteotti sul muro dell’abitazione della famiglia Checchia. Muro che fino a qualche decennio fa recava ancora una grande croce nera a ricordo di quell’infamia. I frati furono dispersi ad eccezione di due, molto avanti negli anni, che vissero di elemosina e del frutto del proprio orto. Il convento passò nelle mani del comune di Biccari. Successivamente, nel 1896, il Comune di Biccari mise in vendita il convento che fu acquistato dal provinciale dei frati, padre Casciano, al prezzo di 7.050 lire. Nel 1950 Giuseppe Lucera e il figlio Ettore costruirono il “coro” in castagno. Dal 1989 al 2016 ha accolto, a più riprese, il “Centro Vocazionale Provinciale”. Ma le vicissitudini del convento di Biccari dei Frati Minori non sono finite. Attualmente il convento è stato affidato alle Sorelle Povere di Santa Chiara, provenienti dal Monastero Santa Maria della Pace in Norcia e ha assunto la seguente denominazione: Monastero Santa Maria della Pace in S. Antonio.

Monumento ai caduti 1a e 2a guerra mondiale

Il 22 dicembre 1924 il sindaco-podestà, Vincenzo Caione, convocò un Consiglio Comunale e in questa fu deciso di costruire un monumento ai Caduti della Grande Guerra ovverosia di un qualcosa che ricordasse alle generazioni del tempo e a quelle future “l’immane sacrificio” compiuto. Fu indetta una raccolta di fondi da spendere per la costruzione e trovare il terreno sul quale edificarlo. Il Comune si rivolse a tutti coloro che erano emigrati negli Stati Uniti e fu grazie a queste rimesse che si raggiunse la cifra di 70.000 lire. Il terreno sul quale edificare il monumento venne donato dalla Congregazione delle Suore di Carità di Biccari che a loro volta quello stesso terreno l’avevano ricevuto in donazione da Salvatore Stanca (all’epoca Stanga). Inizialmente furono inseriti i Caduti della Grande Guerra poi quelli della Seconda;

Inizialmente fu circondato da un recinto in ferro, successivamente da una sorta di villetta chiusa ai curiosi se non nei giorni stabiliti, ma anni dopo il posto è stato trasformato in una sorta di luogo adatto per drogarsi, far l’amore o nascondersi quando si gioca a nascondino.

Biccari 1926

Il complesso monumentale realizzato a Biccari da Torquato Tamagnini è di forte impatto scenografico. Posto a lato della piazza principale del paese, il monumento ai Caduti è una composizione che vede unite la funzione specifica del monumento e quella di fontana. La soluzione si ritrova anche in altri monumenti ai Caduti. Il sito dove è ubicato il monumento è caratterizzato da un andamento del terreno in pendenza, per cui il complesso si carica di un maggior effetto prospettico con conseguente aumento dell’aspetto scenografico.

Nella parte precedente il monumento vero e proprio, nella zona posta alla quota più bassa c’è una vasca dove blocchi di pietra creano degli sbalzi con effetto di cascatelle d’acqua. Il ninfeo ha una forma poligonale irregolare e si va allargando man mano che si sale verso il monumento, questa area è stata realizzata nel 1997. Il monumento vero e proprio è costituito da una parete in pietra che ha un andamento a gradone da destra verso sinistra, una sorta di crinale di montagna, dove sul punto più alto l’artista ha posto la scultura raffigurante un fante che imbraccia l’asta della bandiera. Questa parete funge anche da fondale scenico del complesso monumentale. Su di essa sono murate le lapidi che riportano i nomi dei Caduti di Biccari, il bollettino del generale Diaz e lo stemma del Comune, questi ultimi in bronzo. Sulla pietra è incisa l’epigrafe dedicatoria:

BICCARI AI SUOI CADUTI
PER LA PIU’ GRANDE ITALIA
1915-1918

In posizione laterale, sulla sinistra della parete, è posizionata la figura femminile della Gloria. Una donna, con il braccio sinistro proteso verso la lapide contenente i nomi, ha nella mano il serto di lauro; l’altro braccio, piegato e arretrato, tiene in mano una piccola statua della Nike. La piccola statua ha le stesse caratteristiche di quella che Tamagnini aveva realizzato per il monumento ai Caduti di Alberona nel 1924. La statua del Fante che conquista la cima di una montagna è il chiaro riferimento alle tante battaglie svoltesi sul fronte orientale, dove la montagna e gli altipiani sono stati i maggiori teatri di guerra. Lo scultore umbro plasma un fante che rimanda a posture michelangiolesche, ma qui non c’è il David dallo sguardo concentrato e dal corpo teso che fa percepire la tensione, bensì il fante che è stato “fermato” nell’attimo dell’arrivo sulla cima: la bocca aperta quasi a voler far sentire un urlo, la destra protesa verso l’alto che tiene la bandiera e la sinistra all’ingiù con una postura della mano quasi a voler dire: “…ecco abbiamo vinto!”.

Tamagnini ha caricato il ruolo del fante di un forte realismo senza eccedere nel plasticismo delle superfici, giocando tutto su un dinamismo “fermo”. Diverso è l’approccio dello scultore con la figura femminile della Gloria. Qui la donna è raffigurata mentre s’incammina verso le lapidi dei Caduti, quasi in un incontro reale con quegli uomini. La donna ha tra i capelli una corona di lauro e indossa una veste che l’incedere e il vento frontale fanno muovere, così che si viene a creare un panneggio dai forti effetti pittorici che mette in evidenza le sinuosità del corpo. Una scultura dal plasticismo esasperato che si inserisce pienamente in quel modo di scolpire allora fortemente diffuso in Italia. Un verismo intriso di espressionismo, dove, come due anni prima ad Alberona, Tamagnini sfoggia la sua piena maturità artistica.

Torre di Guardia

Dall’800 al 947 è il periodo nel quale la torre venne costruita e la Puglia era in mano ai bizantini. Nel 1122 l’intera manifattura della “Torre di Guardia” fu completata e abitata dalla guarnigione bulgara a servizio dei bizantini, come tutta la linea difensiva a protezione del porto di Siponto dalle minacce longobarde. E intorno a questi anni che iniziarono i lavori a protezione sia della torre, ma anche dell’agglomerato urbano abitato da coloro che aveva seguito la guarnigione bulgara e dei pochi rimasti dall’incursione di Costante II che aveva distrutto Lucera. Furono così disegnate e costruite le cinque porte che racchiudevano il piccolo insediamento. Esse sono, e lo sono ancora oggi, con qualche piccola variazione, Porta Torre, Porta Cola Bastucci (diventata dopo Porta Garofalo), Porta Pozzi, Porta del Largo (diventata dopo Porta Annunziata) e Porta di Centro (diventata dopo Porta San Quirico).

Da Porta Cola Bastucci a Porta Pozzi ancora oggi si può notare l’enorme dislivello tra l’attuale strada di Fuori Porta Garofalo e quella che congiunge la stessa porta con quella di Porta Pozzi. Lo stesso dicasi tra Porta San Quirico e Porta Annunziata. Quali sono i due “torrioni” residui di questa grande costruzione, al di là dei fabbricati costruiti proprio per fronteggiare eventuali incursioni che tra longobardi e bizantini, e poi normanni, diventeranno in quegli anni all’ordine del giorno? Ne sono rimasti soltanto due: il torrione Pescrilli, sul mercato coperto, e quello sotto l’attuale abitazione di Costanzo

L’origine comunque greca (o meglio bizantina) di Biccari risulta anche dalla circostanza che inizialmente, sul nostro territorio, le diocesi di rito orientale erano: Cividale o Civitate, Lesina, Dragonara, Fiorentino (Torre Fiorentino), Monte Corvino, Biccari e Tertiveri (paesi questi che hanno tutti una torre di avvistamento o di guardia), erano, proprio per la loro origine, bizantina, e cosi Cividale, Dragonara e Fiorentino ebbero giurisdizione sui Greci, mentre Biccari e Tertiveri sui Bulgari che ne popolavano la campagna